Ostad Elahi e Cartesio: la filosofia, la scienza della spiritualità e la medicina dell’anima
Conferenza del Dr. Elie During, professore di Filosofia, Università di Paris X, Nanterres

Introduzione

Un fondamento metafisico caratterizza e giustifica l’accostamento, che può apparire sorprendente, tra le filosofie di questi due pensatori di cui ricorrono, a poca distanza di tempo, il quadricentenario per l’uno, e il centenario per l’altro. In sintesi, la filosofia che Ostad Elahi definisce spiritualità ed etica “naturali” non si può dissociare dal concetto metafisico di realismo spirituale, il principio di cui Cartesio, per l’appunto, è stato storicamente ritenuto il principale proponente. Ma come si vedrà, l’accostamento di queste due filosofie è possibile solo se siamo disposti a ripensare la nostra nozione del concetto di realtà, e, in particolare, della cosa (res).

Innanzitutto, che cos’hanno in comune questi due uomini, a distanza di tre secoli l’uno dall’altro? Evidentemente, sono entrambi filosofi. Ma entrambi sono anche qualcosa di più: Cartesio era un matematico e uno scienziato di prim’ordine, Ostad Elahi era un magistrato, un musicista e un mistico eccezionale. Quella che prenderò in considerazione, qui, è la dimensione filosofica di due figure che pur si riferiscono a tradizioni molto diverse. (Platone, Aristotele, Plotino da una parte, Avicenna, Sohravardi e Molla Sadra dall’altra, costituiscono le referenze filosofiche implicite di Ostad Elahi. E il suo sistema, nella sua globalità, è molto più vicino, a volte in maniera sorprendente, a quello di Leibniz che a quello di Cartesio).

Bisogna dunque riconoscere, innanzitutto, che in senso stretto Ostad Elahi non è un cartesiano. Del cartesianesimo come dottrina o come sfera d’influenza filosofica, non vi è alcuna traccia in lui. Ma se si riporta al presente lo “spirito cartesiano”, che è il tema di questo congresso, allora non è affatto privo di senso avvicinare Cartesio e Ostad Elahi, dal momento che senza alcun dubbio vi è molto di questo spirito, di questo stile cartesiano, in Ostad Elahi. La formula è facile: Ostad Elahi è cartesiano, senza essere un cartesiano.

L’analogia dei sistemi, dunque, non verte tanto sui punti specifici delle rispettive dottrine, quanto su un certo orientamento filosofico, ovvero su una comunanza d’interessi. Si tratterà di evidenziare una certa affinità tra due spiriti filosofici che si ritrovano entrambi nel “progetto di una scienza universale che possa elevare la nostra natura di esseri umani al suo grado più alto di perfezione” – Cartesio ad un certo punto aveva preso in considerazione questo enunciato per il titolo del libro che alla fine si chiamò Meditazioni Metafisiche.

Ma quando si tratta della natura dell’uomo e del suo perfezionamento, è essenzialmente con l’anima che abbiamo a che fare, con l’anima in sé e con l’anima all’interno del corpo. È dunque in tale ambito che l’analisi ci deve portare, se non vogliamo accontentarci di affermazioni generiche. È là, anche, che appaiono le differenze, e al tempo stesso le affinità degli spiriti, come in una zona di vicinato o di incontro tra due precise singolarità.

L’anima

Ostad Elahi non pone affatto la questione della vita, ovvero dell’animazione di un corpo che avrebbe la vita in potenza. Tale questione è in effetti risolta prima, e tale soluzione è definita anima “basharica” (da bashar, ovvero l’uomo come specie). Il corpo è animato per definizione. È una nozione primordiale, che il senso comune accetta senza difficoltà. Il corpo è l’involucro materiale animato da un’anima animale-umana che ne fa un essere vivente. Il vero problema, pertanto, è di sapere che cosa diventi l’anima angelica, quella che secondo la tradizione emana dal soffio divino, quando si trova unita al corpo. Il “trialismo” (un corpo e due anime) di Ostad Elahi elimina dunque, ancor più chiaramente che in Cartesio, la questione della comunicazione delle sostanze, dal momento che tutto si gioca, infatti, nell’associazione di due anime di natura ugualmente spirituale.

I veri problemi cominciano solo quando venga riconosciuta l’unione, in caso vi sia un’ipotesi di unione. Non si tratta più, quindi, di sapere come sia possibile la comunicazione di sostanze che tutto sembra separare, ma piuttosto di comprendere come i termini stessi si trovino modificati in questa relazione, secondo una logica di scambi che è alla base stessa di tutta la vita etica e spirituale. Il compito di una teoria dell’anima consiste dunque nel chiarire il gioco delle interazioni, l’unione che avviene in uno spazio spirituale in cui gli avvenimenti, i destini, i processi possono essere oggetto di una descrizione filosofica non priva di analogie con quella dell’anatomista o del medico. È il senso della vita incarnata ad essere in gioco. E in Cartesio come in Ostad Elahi, sono le passioni che trasformano il falso problema dell’unione in un vero problema etico e spirituale.

Una prospettiva spirituale

In questo articolo diamo per assunto che il punto di vista di Cartesio sia noto a tutti; il confronto al quale ci accingiamo sarà molto spesso implicito, e in effetti riguarderà molto meno Cartesio che Ostad Elahi. Nel pensiero di quest’ultimo le argomentazioni sono rivolte soprattutto a dare un significato al meccanismo delle passioni, nel quadro di una dottrina del perfezionamento dell’anima. Qual è il suo funzionamento?

Non posso far altro che accennare brevemente alla topica spirituale che Ostad Elahi costruisce nello spazio dell’unione. Ecco in sintesi i titoli degli argomenti essenziali che sarebbe opportuno cercare di sviluppare:

– L’io della coscienza comune, che emerge come interfaccia tra corpo e anima, tra anima animale-umana e anima angelica – che è il sé reale o metafisico.

– L’io imperioso, che non ha un’esistenza sostanziale, ma esercita una funzione di squilibrio, una sorta di immagine proiettata nell’anima dall’istinto senza misura dell’animale (Cartesio direbbe: l’inclinazione?)

– La volontà spirituale o forza d’animo, associata all’“intelletto celeste” (Cartesio direbbe: la volontà riflessiva associata alla ragione). Queste due istanze propriamente spirituali sono alla base di questa regolazione o di questo buon uso delle passioni che costituisce il cuore dell’etica, e che nella sua forma compiuta si definisce “sincerità” (o “volontà ferma e sincera”) in Ostad Elahi, e “generosità” in Cartesio – e sarebbe evidentemente assurdo cercare di identificare in maniera pura e semplice questi due concetti l’uno con l’altro…

Il nucleo centrale di questa topica spirituale è l’io imperioso stesso, e la lotta, il gioco di forze, di pesi e contrappesi che si esercita attorno ad esso. Contro tutte le pratiche fuorvianti dell’ascetismo, Ostad Elahi sottolinea continuamente che non si tratta di indebolire il proprio corpo, e nemmeno il proprio io imperioso, ma piuttosto di rendere tanto forte la propria anima da poter controbilanciare e riequilibrare i suoi attacchi in ogni occasione.

Il processo fondamentale: il rapporto osmotico

Tuttavia, come integrare l’unione di corpo e anima con una finalità spirituale? Come comprendere il divenire dell’anima in relazione a questa unione? Oltre alla topica già menzionata, (anima angelica, anima basharica, io imperioso), bisogna ora distinguere le caratteristiche (Ostad Elahi parla di tipi di anime, di capacità spirituali, di gradi di maturità), la patologia (disfunzioni, malattie dell’anima) e, naturalmente, la fisiologia, nel senso in cui la intende la scienza medica, ovvero una teoria del funzionamento naturale dell’unione di corpo e anima.

Ora, là dove Cartesio propone un modello, diciamo, meccanico, di regolazione delle passioni (pesi e contrappesi, forze), Ostad Elahi propone un modello di tipo biologico o medico, quello dell’osmosi. Tra il corpo e l’anima esiste come una membrana osmotica che regola gli scambi di una sostanza verso l’altra. Spetta all’anima (ovvero alla volontà trascendente e alla ragione celeste) controllare la sensibilità di questa membrana per stabilire un rapporto perfetto tra ciò che entra e ciò che esce. Ora, è sviluppando la logica di questo rapporto osmotico che può realmente apparire la finalità dell’unione corpo-anima in generale, nel suo rapporto con il processo generale di perfezionamento.

È in questo, direi, che prevale l’originalità della teoria elahiana dell’unione corpo-anima. Ne riassumerò l’idea in poche parole.

L’anima angelica, nel suo stato originale, è pura. Se si paragona la divinità ad un oceano senza limiti, spiega Ostad Elahi, l’anima angelica dev’essere concepita come una distesa d’acqua pura, o se si vuole d’acqua distillata. Come dire che non ha ancora in sé la ricchezza della composizione dell’oceano divino; soltanto, le si è data la possibilità di acquisire, attraverso successivi soggiorni in vite umane, (dunque, in associazione con il principio del corpo), le “qualità” dell’oceano. Ora, ciò è possibile proprio perché gli elementi costitutivi di tali “qualità” esistono in eccesso nel corpo umano. Tutto il lavoro di perfezionamento consiste in effetti nel far passare nell’anima angelica, e in proporzioni perfette, gli elementi presenti in eccesso nell’animale umano. Al termine di tale processo, l’anima sviluppa una natura identica a quella dell’oceano divino; diventa veramente una goccia d’acqua di quell’oceano, e si ricongiunge alla sua Origine.

Ma per evitare ogni fraintendimento, (che potrebbe nascere da una materializzazione semplicistica della metafora) bisogna precisare che quando si parla del corpo, in realtà si tratta sempre dell’anima basharica. È per questo che le qualità e gli effetti che l’anima cerca nella sua associazione al corpo, sono qualità di carattere psichico (“tracce” ed “effetti” non si devono intendere nel senso che potrebbe loro attribuire la dottrina scolastica delle “specie impresse”).

In questa fisica o medicina dell’anima, l’etica si fonda, ancor più che sulla chiara coscienza della legge morale, su un lavoro della volontà che si può riassumere nel fortificare l’anima e nel perfezionare progressivamente la propria padronanza dei processi relativi all’unione corpo-anima. Ma la finalità ultima di tale unione, e dunque del rapporto osmotico che vi si instaura, è la trasfigurazione dell’anima, la cui qualità deve, per così dire, rendersi simile a quella di Dio. La divinizzazione dell’uomo, per dirlo con le parole di Platone, passa dunque attraverso l’alchimia dell’unione, attraverso una sorta di processo di distillazione che estrarrebbe dal corpo stesso, e dunque dalla materia, l’essenza che manca all’anima per rendersi simile al divino. Bisogna valutare l’importanza teologica di questa tesi, di cui non è esagerato dire che capovolge tutti gli schemi tradizionali della caduta, dell’incarnazione e della purificazione. L’anima non si incarna per realizzare le potenzialità che avrebbe già in sé; dosando e raffinando la materia del corpo, deve realizzare una trasmutazione della propria sostanza per sviluppare delle potenzialità inaudite.

Conclusione

Ostad Elahi realizza l’idea del filosofo medico in maniera ancor più chiara dello stesso Cartesio, che riconosceva di non voler parlare “né da oratore né da filosofo morale, ma da fisico”. La spiritualità naturale, afferma Ostad Elahi, è una medicina dell’anima. Ma innanzitutto, proprio perché l’anima è una “cosa”. Cartesio è stato fortemente criticato per averlo affermato in maniera un po’ troppo netta con la res cogitans. Pertanto è solo in questi termini che si possono spiegare una topica, una topologia e anche una tipologia dell’anima.

Che cos’è in effetti una cosa, in generale, se non una certa qualità associata a un’estensione? Ma tale estensione può essere ideale – o, nel significato preciso che attribuiscono a questa parola un Sohravardi o un Molla Sadra, immaginale. Bisogna quindi affermare che l’anima è una cosa – cosa spirituale, cosa immaginale. È una molteplicità che si realizza nell’unione con il corpo, è dotata di diverse aree, di punti distinti, di tutta un’organizzazione e del suo ambiente. La possibilità di un realismo spirituale che non riduca lo spirito né alla pari di un osso, né a quella sostanza immateriale che non è altro che il doppio eterico del corpo, è la posta in gioco più profonda che sembra sollevare la lettura parallela di Cartesio e di Ostad Elahi.